Il tema del riassunto è la documentazione archivistica prodotta in Italia negli ultimi decenni del 900 e in questo inizio secolo, è segnata da alcuni tratti distintivi. E' da ricordare la crescente molteplicità dei soggetti produttori, pubblici e privati, oltre che l’affievolirsi di una netta distinzione tra sfera statale e non statale, e il ricorso sempre più frequente a tecnologie informatiche nel porre in essere e nell’utilizzare i documenti d’archivio. Importante è anche la fine del monopolio statale riguardo la conservazione-trasmissione della memoria documentaria, la cessazione della separazione tra beni archivistici e gli altri beni culturali.
Gli archivi tra passato e presente
di Alessia Muliere
Il tema del riassunto è la documentazione archivistica prodotta in Italia negli
ultimi decenni del 900 e in questo inizio secolo, è segnata da alcuni tratti
distintivi. E' da ricordare la crescente molteplicità dei soggetti produttori,
pubblici e privati, oltre che l’affievolirsi di una netta distinzione tra sfera statale e
non statale, e il ricorso sempre più frequente a tecnologie informatiche nel
porre in essere e nell’utilizzare i documenti d’archivio. Importante è anche la
fine del monopolio statale riguardo la conservazione-trasmissione della
memoria documentaria, la cessazione della separazione tra beni archivistici e
gli altri beni culturali.
Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
Facoltà: Scienze Umanistiche
Titolo del libro: Gli archivi tra passato e presente
Autore del libro: Isabella Zanni Rosiello1. La nascita degli istituti archivistici
La documentazione archivistica prodotta in Italia negli ultimi decenni del 900 e in questo inizio secolo, è
segnata da alcuni tratti distintivi. Tra questi è da ricordare la crescente molteplicità dei soggetti produttori,
pubblici e privati, l’affievolirsi di una netta distinzione tra sfera statale e non statale, il ricorso sempre più
frequente a tecnologie informatiche nel porre in essere e nell’utilizzare i documenti d’archivio, la fine del
monopolio statale riguardo la conservazione-trasmissione della memoria documentaria, la cessazione della
separazione tra beni archivistici e gli altri beni culturali (definitivamente sancita dal codice dei beni culturali
e del paesaggio entrato in vigore nel 2004). È tra gli ultimi decenni del 700 e la prima metà dell’800 che si
formano i primi embrionali archetipi di istituti archivistici quali oggi li intendiamo. Gli archivi erano stati
considerati soprattutto memoria auto documentazione a disposizione di chi li aveva prodotti, usati o non
usati, a seconda delle finalità, degli scopi, delle esigenze che via via si presentavano.. produzione,
conservazione ed uso erano stati aspetti tra loro strettamente collegati all’interno del processo scrittura-
redazione e circolazione della documentazione archivistica. A cavallo dei secoli XVIII-XIX inizia a
delinearsi una rottura tra produzione, uso (prevalentemente pratico-amministrativo) e conservazione di
materiale archivistico. Con la formazione di luoghi-istituti di conservazione distinti da sedi-uffici di
produzione, si tende ad attribuire alla documentazione che viene concentrata un significato più ampio: non
solo memoria per la preparazione di pratiche politico-amministrative, ma anche memoria fonte, per chi,
estraneo al processo di produzione poteva avere interesse a conoscerla ed utilizzarla. Incomincia inoltre in
questo periodo a circolare l’idea di una trasformazione, almeno tendenziale, dell’uso degli archivi. Il
principio della pubblicità di contro al principio della segretezza, sino ad allora dominante, era stato
proclamato in Francia nel 1794 dalla Convenzione nazionale. Oggi il materiale conservato negli archivi di
stato, gli archivi degli enti locali e privati dichiarati di particolare interesse storico sono liberamente
consultabili, ma rimangono limitazioni ed eccezioni. Solo nel 1974, quando fu istituito il Ministero per i
beni culturali ed ambientali, il settore degli archivi passò a questo ministero (ma è rimasta a quello
dell’interno la competenza di concedere la consultabilità di documenti non liberamente consultabili).
Nell’immediato periodo post unitario furono istituiti, soprattutto in alcune città ex capitali di stato, appositi
istituti conservativi. Nel corso degli ultimi decenni dell’800 e soprattutto nel 900, la rete diventò via via più
fitta, fino a prevedere un archivio centrale dello stato, un archivio di stato in ogni capoluogo di provincia, un
congruo numero di sezioni di archivio all’interno di territori provinciali.
Alessia Muliere Sezione Appunti
Gli archivi tra passato e presente 2. L'organizzazione del materiale archivistico
Il materiale archivistico raccolto negli archivi di Stato, ma anche quello che è fuori di essi, non è, nella
maggior parte dei casi,organizzato per materie, intendendo il termine nell’accezione di argomenti tematici,
che corrispondano ai potenziali interessi, peraltro sempre rinnovabili, di chi lo usa come fonte storica. Esso è
organizzato per istituzioni, intendendo il termine in un’accezione estensiva. Chi fa ricerche d’archivio deve
sforzarsi di tradurre la domanda storiografica in domanda archivistica, di incanalare cioè l’argomento-
oggetto della propria indagine entro le maglie e gli intrecci del reticolato archivistico. Ogni complesso
documentario ha una sua storia. È una storia che non di rado rimane nascosta. Cercare di scoprire le varie
tappe del percorso, spesso accidentato, che ha caratterizzato nel corso del tempo ogni complesso
documentario che si prende in esame, non è sempre possibile. A volte le tracce mancano del tutto, a volte
sono scarse e lacunose, a volte sono state cancellate o ripetutamente corrette. Chi utilizza documentazione
archivistica isola dei documenti dallo “statuto”, dall’universo dell’uso cui appartengono, per inserirli in uno
diverso, quasi costruendo per così dire nuovi documenti. Si tratta di un’operazione tecnica che fa parte della
pratica storiografica. In generale chi produce documentazione archivistica, lo fa per memoria propria e non
per memoria altrui, per uno o per pochi e non per molti, per i contemporanei e non per i posteri. La
documentazione archivistica, detto in altri termini, è quasi sempre prodotta per finalità praticooperative,
giuridiche, amministrative, connesse all’esercizio di specifiche e concrete attività.
Alessia Muliere Sezione Appunti
Gli archivi tra passato e presente 3. Definizione di documentazione pratico-amministrativo e storico-
culturale
Nella documentazione archivistica, nel momento stesso in cui è posta in essere, ritroviamo due significati,
quello pratico-amministrativo e quello storico-culturale. Istituto produttore e materiale archivistico non sono
perfettamente sovrapponibili. La documentazione archivistica spesso segue forme e modalità non analoghe a
quelle che caratterizzano le attività dei soggetti-istituti che la producono o la raccolgono. Il materiale
archivistico è si da porre in confronto con i soggetti-istituzioni che lo producono, ma dal confronto
emergono parallelismi, divaricazioni, concordanze come discordanze coincidenze come sfasature. Il
materiale archivistico porta segni e tracce dei modi specifici con cui è
stato organizzato, prima e dopo la sua consacrazione istituzionale a memoria storica da trasmettere al futuro.
Il complesso archivistico è costituito da documentazione appartenente a più soggetti produttori, in quanto vi
è stata richiamata per estrazione da altri archivi in cui vi era inserita, o vi è confluita per aggregazioni,
aggiunte, riunificazione di carte smembrate dagli originari contesti di sedimentazione. La documentazione
non ha uno o più soggetti-istituti che possono definirsi sempre e in tutta sicurezza i suoi specifici produttori.
Fino a poco tempo fa la documentazione posta in essere o acquisita da vari soggetti produttori che abbiano
svolto determinate attività, è stata soprattutto scritta o non scritta (carte geografiche, mappe, disegni…),
nonché a partire dalla seconda metà del secolo scorso, anche di tipo multimediale (fotografie, registrazioni
sonore, filmati…). Al di la della differenziata tipologie di forme, di contenuto, e di contesti che l’hanno
caratterizzata, essa è stata per secoli prodotta su supporti cartacei. Ma ora, con sempre maggiore frequenza,
uffici e apparati dello stato, di enti locali, pubblici e privati, di aziende, istituzioni di vario genere,
documentano i propri affari non solo su supporti ora ricordati. Le tecniche di produzione e organizzazione di
materiale archivistico, in quanto memoria-autodocumentazione, stanno cambiando e stanno cambiando
anche i modi delle sue possibili utilizzazioni in quanto memoriafonte. Porzioni ancora limitate di
documentazione, rispetto a quella complessivamente posta in essere, vengono oggi prodotte in ambito
digitale. Le problematiche che le connotano sono sotto molti aspetti diverse da quelle che hanno interessato
gli archivi del passato. I documenti presenti nel mondo digitale hanno infatti specifiche caratteristiche: non
sono stabili come quelle che appartengono al mondo cartaceo, sono anzi dinamici, con possibilità di
modificarle a ritmo continuo; sono dunque fluidi, facilmente manipolabili e spesso non consentono di poter
evidenziare e mantenere nel tempo le tracce delle modifiche o dei cambiamenti subiti. Sono fragili, soggetti
cioè a una rapida obsolescenza di hardwere e softwere con conseguente possibile cancellazione o perdita
degli stessi documenti. Senza dubbio dunque, avere a che fare con fonti in movimento implica dover
affrontare molti nuovi problemi.
Alessia Muliere Sezione Appunti
Gli archivi tra passato e presente 4. I criteri di custoida-trasmissione di documentazione
Eventi accidentali e calamitosi, come pure concrete pratiche conservative, hanno segnato, ovviamente in
modo diverso, la custodia-trasmissione di documentazione prodotta nell’arco dei secoli in varie parti del
territorio italiano. Ma, al di là di queste diversità, la pratica conservativa, quando venne perseguita, è stata in
generale finalizzata, sino alla fine del 700soprattutto a esigenze giuridiche, pratico-operative, politiche.
Queste sono state talvolta concomitanti, tal’altra parallele o con alterna preminenza dell’una o dell’altra. Gli
atti notarili sono tra i più antichi documenti oggi posseduti da istituti archivistici Si pensi all’importanza e la
funzione, in epoca medievale, della figura del notaio e del rapporto tra notariato e forme di governo.
L’importanza che viene riconosciuta alla documentazione scritta, l’opportunità che non venga manomessa,
falsificata, smarrita e l’uso cui è destinata, portano già in età medievale a predisporre una “macchina”
conservativa. È il caso ad esempio della Camera actorum del comune di Bologna, che svolse dalla metà del
XIII fino alla fine del XVI secolo la funzione di una sorta di archivio centrale in cui venivano raccolte carte
prodotte da varie magistrature cittadine. Volendo usare termini moderni, si può dire che la trascrizione, la
duplicazione, la raccolta di documenti, concentrazione in appositi luoghi, segretezza, pubblicità (sia pure del
tutto limitata e parziale) dei documenti, fanno parte della tradizione archivistica di età medievale. Nell’età
successiva, grosso modo quella compresa tra i secoli XVI-XVII e fine del secolo XVIII, i modi conservativi
furono si ispirati alla tradizione precedente, ma accentuarono anche il carattere strumentale e l’uso politico
degli archivi. Non a caso si parla per quei periodi di bella diplomatica. Una guerra del genere fu ad esempio
quella combattuta da Ludovico Antonio Muratori, quando a Modena ricopriva l’incarico di archivista-
bibliotecario presso gli estensi; basandosi su carte d’archivio intendeva sostenere le loro rivendicazioni circa
il possesso delle valli di Comacchio. Gli archivi, soprattutto se ritenuti importanti per aspetti di politica,
interna ed estera, erano dunque per chi li possedeva non tanto un tesoro, come era accaduto in età medievale,
quanto un segreto da
tenere nascosto per svelarlo, se necessario al momento opportuno.
Alessia Muliere Sezione Appunti
Gli archivi tra passato e presente 5. Gli interventi conservativi compiuti lungo il XVIII secolo
L’uso finalizzato a esigenze politico amministrative è il criterio conservatore che attraversa i modi
conservativi di gran parte della documentazione archivistica tra Sei-Settecento. Gli interventi conservativi
compiuti lungo il 700 miravano a fare degli archivi degli strumenti utili al potere. Ma non tutti i documenti
che li costituivano furono considerati tali; parti di essi furono ritenuti “di poco moment” quasi “inutili”,
”superflui”. una volta separati dagli altri, oggetto di interventi conservativi più o meno soddisfacenti,
potevano essere semplicemente accantonati (e più tardi recuperati come memoria) o bollati come non
meritevoli di dignità conservativa (e così ci è rimesta memoria della loro esistenza e della loro distruzione
nello stesso tempo). Per esempio, per il regno di Sardegna si può disporre di una certa quantità di
disposizioni normative su interventi del genere, ma non si sa se abbiano avuto completa attuazione; le
istruzioni date all’archivista di corte da Carlo Emanuele III, quando divenne re di Sardegna, sulla necessità
di separare carte utili da quelle superflue; il criterio orientativo cui l’archivista doveva attenersi era che negli
archivi di corte si continuassero a conservare documenti che hanno principalmente riflesso al governo
politico e che riguardano gli interessi della corona o che possono servire di lume per il maneggio degli affari
di stato. Si sa anche quali opinioni si avevano sullo spurgo nell’apparato politico-burocratico: c’era chi si
dichiarava favorevole “purché sia fatto da persone intelligenti”, chi invece era contrario “gli scritti di
qualsiasi patrimonio vadano gelosamente custoditi e conservati benché abbiano l’apparenza di inutilità, non
potendosi a prima vista dal più dotto ed esperto uomo prevedere di quale uso e vantaggio possano essere in
futuro per la difesa del patrimonio cui attengono”. L’istituzione a Firenze del 1778 di un pubblico archivio
diplomatico in cui raccogliere antichi documenti manoscritti, appartenenti a magistrature centrali e
periferiche…perché essi importanti lumi possono apportare non solo a pubblici e privati diritti ma anche
all’erudizione e alla storia, come si legge nel moto proprio del 1778, che è il provvedimento con cui fu
istituito. L’istituzione del diplomatico segna una data importante nella storia degli archivi italiani; delle due
finalità previste dal provvedimento leopoldino fu la seconda a prevalere. Esso è quindi da considerare il
primo luogo-istituto in cui viene concentrata, e per usi culturali, della documentazione antica.
Alessia Muliere Sezione Appunti
Gli archivi tra passato e presente